Entrata in vigore del Codice del Terzo Settore
Il codice del terzo settore è entrato in vigore il 3 agosto ed è composto da 104 articoli ai quali, entro il prossimo anno, si dovranno aggiungere 20 decreti ministeriali, perché tutto funzioni come previsto.
Ecco alcune delle maggiori novità:
l’abrogazione di diverse normative: due leggi storiche come quella sul volontariato (266/91) e quella sulle associazioni di promozione sociale (383/2000), oltre ad un taglio deciso alla “legge sulle Onlus” (460/97).
Inoltre verranno raggruppate in un solo testo tutte le tipologie di quelli che si chiameranno Enti del Terzo settore (Ets).
Le nuove tipologie sono sette: organizzazioni di volontariato, che dovranno aggiungere Odv alla loro denominazione; associazioni di promozione sociale (Aps); imprese sociali, tipologia che include le attuali cooperative sociali, che vengono rimandate ad un decreto legislativo a parte; enti filantropici; reti associative; società di mutuo soccorso; altri enti come associazioni riconosciute e non (fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società). Restano dunque fuori dalla famiglia delle Ets: le amministrazioni pubbliche, le fondazioni di origine bancaria, i partiti, i sindacati, le associazioni professionali, di categoria e di datori di lavoro, in aggiunta per gli enti religiosi il Codice si applicherà limitatamente alle attività di interesse generale.
Un Registro unico nazionale del Terzo settore, al quale sarà obbligatoria l’iscrizione da parte degli enti del terzo settore.
Il Registro avrà sede presso il ministero delle Politiche sociali, ma sarà aggiornato e gestito a livello regionale. Verrà infine costituito, presso lo stesso ministero, il Consiglio nazionale del Terzo settore, nuovo organismo composto da una trentina di componenti, che non riceveranno alcun compenso, che sarà l’organo consultivo per l’armonizzazione legislativa dell’intera materia.
Infine, per riordinare le attività del no profit, vengono definite in un unico elenco aggiornabile e riportato all’articolo 5 le “attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” che “in via esclusiva o principale” sono esercitate dagli Enti del Terzo settore.
Gli Ets, con l’iscrizione al registro, saranno tenuti al rispetto di vari obblighi riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, i rapporti di lavoro e i relativi stipendi, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili.
D’altro canto potranno accedere ad una serie di esenzioni e vantaggi economici previsti dalla riforma: circa 200 milioni nei prossimi tre anni sotto forma, ad esempio, di incentivi fiscali maggiorati (per le associazioni, per i donatori e per gli investitori nelle imprese sociali), di risorse del nuovo Fondo progetti innovativi, di lancio dei “Social bonus” e dei “Titoli di solidarietà”.
Una profonda revisione in chiave evolutiva dei Centri di servizio per il volontariato (CSV) ai quali viene riconosciuto il ruolo svolto negli ultimi 20 anni ed è dedicata una parte consistente del Codice (sei articoli, dal 61 al 66). Oltre a ciò si allargherà la platea a cui i CSV dovranno prestare servizi, che coinciderà con tutti i “volontari negli Enti del Terzo settore”, e non più solo con quelli delle organizzazioni di volontariato definite dalla legge 266/91 anche se in realtà era già cospicua la quota di realtà del terzo settore “servite” in questi anni. Viene infine centralizzato e ripartito a livello nazionale il fondo per il funzionamento dei CSV, che continuerà ad essere alimentato da una parte degli utili delle fondazioni di origine bancaria e da un credito di imposta fino a 10 milioni, a regime, che queste ultime si vedranno riconoscere ogni anno.
Se interessati a consultare il testo del decreto legislativo, potete cliccare sul seguente link.